Quando la Credibilità Vacilla: Il Prezzo è Pagato da Tutti


Nel mondo dell’allevamento cinofilo, la credibilità non è un valore accessorio: è il fondamento su cui si costruisce la fiducia tra allevatori, famiglie, veterinari, istituzioni e opinione pubblica. Eppure, ogni giorno, questo valore viene eroso da comportamenti, posizioni e silenzi che danneggiano non solo chi li adotta, ma l’intera categoria.

 

Il danno collettivo

 

Il problema non è solo individuale. Quando un allevatore agisce senza competenza, senza etica, o senza trasparenza, il danno si riflette su tutti. Ma il danno più profondo e insidioso nasce da ciò che accade dentro la categoria stessa:

 

• Frammentazione cronica: il settore è diviso, disperso, incapace di parlare con una sola voce. Ogni gruppo, ogni sigla, ogni allevatore sembra procedere per conto proprio, come se la reputazione collettiva non fosse affare di tutti. Questa disgregazione indebolisce ogni tentativo di difesa, di proposta, di evoluzione. Dove manca unità, manca forza.

 

• Personalismi esasperati: troppo spesso le scelte vengono guidate da interessi individuali, da rivalità, da protagonismi sterili. Il confronto costruttivo lascia spazio alla competizione narcisistica, dove l’obiettivo non è migliorare il settore, ma primeggiare. E intanto, il settore perde credibilità, coerenza, autorevolezza.

 

• Assenza di leadership condivisa: non esiste un centro autorevole che coordini, ispiri, protegga. Le istituzioni di riferimento, come l’ENCI, dovrebbero svolgere questo ruolo, ma troppo spesso si mostrano distanti, opache, interessate a logiche che premiano pochi e penalizzano molti. Il risultato? Un vuoto di guida che lascia spazio all’improvvisazione e all’autoreferenzialità.

 

• Silenzi colpevoli: di fronte a pratiche scorrette, a posizioni antiscientifiche, a comportamenti dannosi, la categoria tace. E quel silenzio diventa complicità. Diventa il terreno fertile su cui crescono diffidenza, sospetto e delegittimazione.

 

• Vulnerabilità agli attacchi esterni: il mondo animalista, spesso animato da ideologie radicali, trova terreno facile per colpire. Non perché abbia ragione, ma perché il settore non sa difendersi. Non sa raccontarsi. Non sa dimostrare, con i fatti, che l’allevamento può essere etico, competente, responsabile.

 

Le responsabilità di ricostruire

 

La credibilità non si impone, si conquista. E oggi più che mai, è tempo che la categoria si assuma la responsabilità di difenderla:

 

• Rifiutare il protagonismo sterile e tornare a pensare in termini collettivi.

 

• Costruire alleanze reali, non solo formali, tra allevatori, associazioni e professionisti.

 

• Pretendere trasparenza e rigore dalle istituzioni, a partire dall’ENCI, che dovrebbe essere il garante della qualità e dell’etica, e invece troppo spesso si mostra interessato a logiche di potere e vantaggi per pochi.

 

• Denunciare ciò che danneggia, anche quando è scomodo, anche quando riguarda “colleghi”.

 

• Parlare con una sola voce, forte, competente, credibile.

 

Conclusione

 

La frammentazione non è solo un limite: è una ferita aperta. Il personalismo non è solo fastidioso: è distruttivo. E il silenzio non è solo prudente: è complice. Se il mondo dell’allevamento cinofilo vuole sopravvivere, deve ritrovare la sua voce, la sua coerenza, la sua dignità. Perché la credibilità non è un lusso: è l’unico terreno su cui possiamo costruire il futuro.


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