“Adotta, non comprare”?


Perché criminalizzare l’allevamento etico è un errore

di Attilio Presta, Presidente del Gruppo Allevatori Cinofili 

 

Introduzione – La voce del Gruppo Allevatori Cinofili

 

Come Gruppo Allevatori Cinofili, viviamo ogni giorno la relazione profonda, responsabile e rispettosa che lega l’uomo al cane. Non alleviamo animali: accompagniamo individui. Non produciamo cuccioli: custodiamo storie, patrimoni genetici, caratteri, funzioni e affetti.

 

Negli ultimi anni, assistiamo con crescente preoccupazione alla diffusione di una retorica che criminalizza l’allevamento canino, riducendolo a una forma di sfruttamento e mercificazione. Lo slogan “Adotta, non comprare” è diventato un dogma, spesso usato per colpevolizzare chi sceglie consapevolmente un cane da allevamento etico.

 

Noi diciamo: basta semplificazioni. Basta slogan. Serve cultura, serve responsabilità.

 

L’allevamento etico non è il problema. È parte della soluzione. È tutela del benessere animale, è conservazione della biodiversità, è educazione alla convivenza. È ciò che distingue chi ama davvero il cane da chi lo usa come simbolo ideologico.

 

Questo manifesto è la nostra voce. È il nostro impegno. È un invito a guardare oltre le frasi fatte e a riscoprire il valore profondo dell’allevamento etico.

 

Il problema non è l’allevamento. È l’abuso.

 

Esistono allevamenti intensivi, clandestini, irresponsabili? Certo. Ma esistono anche allevatori che:

• rispettano i ritmi naturali dei cani,

• garantiscono cure veterinarie e ambienti sani,

• selezionano con attenzione per evitare malattie genetiche,

• educano gli acquirenti alla responsabilità.

 

L’allevamento etico non è sfruttamento. È tutela.

 

Le razze canine sono patrimonio, non capriccio.

 

Dietro ogni razza c’è una storia, una funzione, un adattamento. Criminalizzare l’allevamento significa:

• condannare all’estinzione razze rare e funzionali,

• perdere tratti comportamentali preziosi (docilità, intelligenza, resistenza),

• rinunciare a cani da assistenza, da salvataggio, da lavoro.

 

Non tutti i cani sono uguali. E non è una discriminazione: è una realtà biologica e sociale.

 

 “Adotta, non comprare” è uno slogan, non una soluzione.

 

Adottare è un gesto meraviglioso. Ma non può diventare un dogma. Molti cani nei rifugi hanno traumi, esigenze particolari, temperamenti difficili. Non tutti sono adatti a famiglie con bambini, anziani o persone con disabilità.

 

Scegliere un cane da allevamento etico significa:

• sapere cosa aspettarsi,

• ricevere supporto e tracciabilità,

• costruire una relazione equilibrata e duratura.

 

Adottare non è sempre possibile. E comprare da un allevatore etico non è mai un crimine.

 

La vera battaglia è contro il mercato nero.

 

Lo slogan “non comprare” ha un effetto collaterale devastante: spinge chi cerca un cane verso canali non ufficiali, dove:

• i cuccioli sono venduti online senza controlli,

• le madri sono sfruttate fino allo sfinimento,

• la salute e il benessere animale sono ignorati.

 

Vietare l’allevamento etico non ferma lo sfruttamento. Lo alimenta.

 

Difendere l’allevamento etico è difendere il cane.

 

L’allevamento etico:

• preserva la biodiversità canina,

• risponde a bisogni reali e sociali,

• promuove la cultura cinofila,

• combatte l’abbandono con responsabilità.

 

Criminalizzarlo significa:

• punire chi fa le cose nel modo giusto,

• abbandonare il cane al caso e al mercato nero,

• rinunciare a secoli di convivenza consapevole tra uomo e cane.

 

Conclusione: basta slogan. Serve responsabilità.

 

“Adotta, non comprare” è un invito, non un imperativo. La vera scelta responsabile è quella informata, consapevole e rispettosa del cane — che venga da un rifugio o da un allevamento etico.

 

Difendiamo chi alleva con etica. Difendiamo il cane. Difendiamo la libertà di scegliere con coscienza.


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